Artigianale contro industriale: qual è il sapone migliore? 12 Feb, 2019
Da qualche tempo -per mia fortuna- la saponetta sembra stia sperimentando una seconda primavera. Che sia per ragioni ecologiche, perché il vintage è tornato di moda o perché ormai molti consumatori cercano nelle etichette ingredienti più riconoscibili, i saponi solidi stanno riaffiorando dal loro letargo commerciale per riprendere il proprio posto al fianco -se non in sostituzione- dei vari detergenti che hanno spopolato negli ultimi anni.
Ci troviamo, dunque, ad avere molta più scelta, e con l’onnipresente zampino del marketing il più marcato spartiacque da affrontare è tra saponette artigianali e industriali; ma cosa cambia, e perché?
Una doverosa premessa, di nuovo, è sulla terminologia: normativamente parlando, “artigianale” è un termine complesso da usare e non sempre corrisponde al significato che gli diamo quotidianamente, rendendomi sempre un po’ sospettosa quando lo incontro. Allo stesso inesatto modo gli vengono associati come sinonimi “naturale” (di cui abbiamo già parlato) e “tradizionale”, che fa pensare a lavorazioni d’altri tempi e luoghi lontani ma (esclusi prodotti specifici, validati e registrati) in un prodotto come il sapone equivale a parlare di ragù: in tutto il mondo non esistono due famiglie che usino la stessa ricetta, ma ognuna giura che la propria è quella giusta.
In questo articolo scegliamo dunque di unire questi termini spesso usati impropriamente in un più onesto “fatto a mano”, che nella sua linearità mi piace di più e uso infatti per descrivere nel modo più semplice e diretto possibile anche i miei cosmetici.
La nostra scelta finale, dunque, è tra sapone fatto a mano e industriale.
Un primo fattore da valutare è la scelta della base. Può consistere in pellet di sapone già pronto che viene macinato, sciolto, arricchito con altri ingredienti quali coloranti e fragranze e ricompattato (metodo più frequentemente usato a livello industriale) , oppure può essere creata da zero a partire da acqua, idrossido di sodio o potassio e oli.
Possiamo distinguere i due metodi dall’etichetta: nel caso del preparato di sapone troveremo i termini Sodium o Potassium più il nome dell’olio con suffisso –ate (Sodium olivate, sodium cocoate eccetera); se invece sono stati usati oli “sfusi” avremo il nome delle materie prime in sé, ad esempio Olea europaea oil, Coconut oil eccetera, più Sodium o Potassium hydroxide.
La glicerina è un’altra grande discriminante; prodotta naturalmente durante il processo di saponificazione, a livello industriale viene spesso “prelevata” tramite una serie di processi chimici per essere utilizzata come umettante in altri prodotti cosmetici quali bagnoschiuma, creme e chi più ne ha più ne metta; un sapone fatto a mano mantiene invece questa ricchezza, che aiuta a non seccare troppo la pelle durante l’uso e a rendere più piacevole l’utilizzo in sé.

Infine, a proposito di secchezza della pelle: a parità di materie prime scelte nel procedimento industriali spesso tutto l’olio utilizzato viene trasformato in sapone (il che, unito alla sottrazione di glicerina sopracitata, lo rende un po’ aggressivo; chi non ha mai sentito la pelle “tirare” dopo essersi lavato con una saponetta d’albergo, ad esempio?). In quello fatto a mano, in base alla creatività di chi lo produce si può invece mantenere una piccola quota di oli di base “liberi”; questo non significa che lavandovi resterete unti, naturalmente, ma che la schiuma sarà più delicata e non asporterà completamente il fragile e necessario film di protezione che la nostra pelle produce.
Come scegliere il sapone più adatto a noi, dunque? Come abbiamo già ripetuto tante volte, il consiglio è sempre informarsi, sapere cosa stiamo acquistando e quando siamo consapevoli del prodotto provare fino a incontrare i nostri gusti.